Dopo tre mesi che mi sembrano anni sto rientrando a casa dall’Ucraina.
Come in tutte le esperienze di vita significative, quello che resta sono le persone. Sopra tutte, le ucraine e gli ucraini la cui vita è stata stravolta il 24 Febbraio. La cosiddetta “società civile”, che va dal garzone della fabbrica dismessa che l’ha aperta agli sfollati, all’insegnante di inglese che distribuisce pacchi alimentari, dal tamarro palestrato che gestisce centri con centinaia di persone alle maestre d’asilo che fanno dormire gli anziani nelle classi, dalla coordinatrice della associazione locale che ha visto il suo budget centuplicarsi in un mese, e se lo riesce comunque a gestire, ai camionisti che guidano ancora ogni giorno sotto le bombe verso la linea del fronte per portare gli aiuti umanitari.
Gente che si è rimboccata le maniche e si è reinventata una vita per fare quello che andava fatto, e l’ha fatto bene. Senza clamore né vanagloria. Con umiltà, impegno civile, competenza e sprezzo del pericolo. Gente che ha dato lezioni di intervento umanitario alle Nazioni Unite e alle grandi ONG.
Alcuni ci ringraziano per essere qui ad aiutarli… ma grazie a voi. Grazie a voi!